“Alla nascita il bebè ha già nove mesi di esistenza, ha già una storia costruita grazie alla relazione che la madre intesse con lui dal concepimento,
un legame materno fatto di slanci d’amore fusionale ma anche di dimenticanze e di rifiuti” dice una psicoanalista.
Io parlerei di dimenticanze e, in primis, di dimenticanze da parte della medicina
Come giustamente evidenzia tutta la psicologia prenatale, la relazione del bebè con la mamma ha già nove mesi alla sua nascita: che ne è di questa relazione?. Dal punto di vista medico, si misura il feto che cresce, si prescrivono esami del sangue alla madre, si controlla la pressione, lo zucchero e la toxo. Ma in tutto ciò c’è un grande assente: il bebè.
Il bebè nella relazione alla madre, ai fratelli e sorelle, al padre e ai nonni, al mondo che già lo circonda, alla storia che lo precede.
Il bebè esiste in un universo che è sicuramente filtrato da quello materno ma il bebè è anche capace di influenzare a sua volta il mondo materno
Di mezzo c’è la placenta, organo di origine fetale -che decide cosa filtrare al feto e cosa no, cosa passare alla madre e cosa no, quando far partire il parto e quando no, ecc.
Il feto in utero esiste come persona autonoma, esiste nella relazione alla madre, al mondo che lo circonda, risente dello zucchero o delle infezioni materna –ma anche dell’ansia dello stress, dei suoni e delle voci, sa se la madre dorme o è sveglia... sa quando gli parla o quando parla genericamente ad altri, quando il cane abbaia o il papà lo chiama….
la ricerca scientifica viene a confermare la connessione del feto con il mondo, il mondo filtrato e interpretato dalla madre certo, filtrato dalla placenta che come un cervello periferico, gli invierà certe informazioni e non altre, ma non dimentichiamo che il feto dal suo primo istante è con -nesso, con- cepito com-partecipe del mondo.
Oggi per esempio sappiamo che durante la gravidanza si rigioca tutto il patrimonio genetico in funzione delle informazioni che il feto riceve -tramite la madre- circa l’ambiente che lo attende, - ed è questo il vero obiettivo da tener presente secondo me, il vero scopo che mi propongo quando accetto di accompagnare una gravidanza.
Nel 1990 la Minneapolis, lavorando sui ritmi della pressione dei neonati, avevo scoperto che un feto alla nascita ha già una pressione arteriosa alterata se la madre ha preso certi famarci in gravidanza (i betamimetici che all’epoca venivano dati con molta facilità anche in compresse per evitare il parto prematuro). Cioè il bambino ha una pressione più alta anche in assenza di familiarità ipertensiva cioè senza un fattore ereditario**.
Questo significa che il feto nasce già con un rischio di diventare iperteso (controllati fino a 18 anni continuano ad avere una presione più alta in base a un farmaco che la madre ha assunto durante la gravidanza. Gli esempi sono molti.
I meccanismi erano allora poco noti; oggi invece si sa che questa modificazione della pressione che poi si mantiene tutta la vita è dovuta a una rii -modellazione epigenetica.
Un meccanismo epigenetico fa si che alcuni geni verranno espressi, letti tradotti e altri messi a tacere: ora durante la gravidanza si rigioca tutto il patrimonio genetico. quello che i genitori trasmettono al feto. in base alle informazioni che il feto riceve.
Questa rii -modellazione epigenetica può farsi sempre nel corso della vita ma è soprattutto nella vita intrauterina che si attua, per preparare il futuro adulto al mondo che lo attende
Oggi, si sa anche per esempio che l’inquinamento atmosferico può modificare la genetica fetale*
un altro esempio ? le madri in gravidanza che erano a New York durante il crollo delle torri gemelle , sono state subito soccorse dal punto di vista psicologico oltre che fisico, ebbene quelle che erano più sotto choc ( di fronte a uno stesso evento non reagiamo tutti della stessa maniera ) se erano al 3 trimestre di gravidanza, hanno passato il loro choc( stress post traumatico si chiama) ai feti e i feti hanno cambiato la loro genetica! , Sono nati bambini epigeneticamente modificati, pronti a vivere in mondo di pericoli. Questo significa che di base sono sempre più stressati degli altri ma di fronte al pericolo si stressano meno degli altri.
Ormai sono bambini grandi ma continuano a avere le stesse alterazioni in confronto ai loro compagni: sono più stressati di base, sempre stressati dal mattino alla sera ma di fronte a un pericolo vero rispondono meno dei loro coetanei le cui madri non hanno subito nessun choc traumatico durante il terzo trimestre di gravidanza. Come se fossero stati modificati per vivere in un mondo pericoloso, hanno più ormone dell’allerta tutto il giorno ma all’occorrenza, quando il pericolo arriva e dovrebbero avere una risposta da stress, hanno una minor risposta!!
(il che non è un bene per il futuro adulto, e comporta più rischio di malattie metaboliche, cardiovascolari ecc. ma se vivessero in un mondo abitato da leoni questo meccanismo li renderebbe più indifferenti a costo di vivere meno, ingrassare di pur e avere più malattie cardiovascolari) LINK
E allora se potessimo intervenire in gravidanza, cercando di dare delle informazioni più corrette al feto? Se potessimo correggere quelle provenienti dall’esterno? Se gli raccontassimo altre cose diverse?
*“Placental Circadian Pathway Methylation and in Utero Exposure to Fine Particle Air Pollution”, T. Nawrot, N. Saenen, J. Schenk, B. Janssen, V. Motta, L. Tarantini, B. Cox, W. Lefebvre, C. Vanpoucke, C. Maggioni, Valentina Bollati, Environment International, March 2018, 114:231-241
**“Pharmacovigilance: betamimetics drug exposure in pregnancy enhances cardiovascular disease risk of offspring” (Maggioni C., Cornélissen G., Syutkina E.V., Johnson D.E., Halberg F.) Neuroendocrinolgy Letters 2003; 24: 102-104